E' tempo di Co-evoluzione - Intervista a Monica Simionato Antropologa esperta di Intelligenza em
Vuoi trasformarti in un newgoziatore, in una newgoziatrice? Ecco cosa significa e perché ne vale la pena.
Intervista pubblicata su QUANTIC MAGAZINE l’8 Dicembre 2017
Negoziazione è un processo etico e elegante di decisioni razionali e collaborative che hanno per scopo un beneficio mutuo” (Yann Duzert, 2009)
Se non avete mai sentito parlare di newgoziazione, è appena uscito un libro che apre un mondo sull’argomento, nel vero senso della parola: apre un mondo in quanto svela una nuova visione riguardo alla possibilità di migliorare la qualità delle relazioni che intratteniamo, e non solo negli ambienti di lavoro. E lo fa con piglio scientifico e insieme afflato poetico, cosicché ci si imbatterà piacevolmente in statistiche, case history e grafici non meno che in pillole di saggezza dalle suggestioni filosofiche quali il Ma giapponese (il momento del silenzio per pensare e stare in armonia con gli altri) o il kairos degli antichi greci (il momento certo per fare qualcosa). Si avrà la possibilità di comprendere quale modalità di comunicazione predomina nei nostri scambi interpersonali, se quella dettata dalla paura e dal controllo o quella ispirata all’ascolto della parte più intuitiva ed empatica del nostro sistema corpo-mente e quanto la produzione di ormoni influenzi tali modalità. Avete mai pensato cosa succede se nel vostro organismo circola più serotonina invece che adrenalina, testosterone invece che steroidi o estrogeni? L’estro visionario che è in voi, ad esempio, potrebbe essere sopraffatto da un eccessivo senso di controllo e, con esso, la libertà di esprimere al meglio le vostre potenzialità. Vi sentite più imprenditori o visionari, controllori o innovatori?
Monica Simionato
Ne parliamo direttamente con Monica Simionato, co-autrice del libro insieme a Yann Duzert, uno dei maggiori esperti del mondo in negoziazione. Il libro si intitola “Newgoziazione. La neuroscienza della negoziazione“, edito da Franco Angeli. Monica lavora come antropologa esperta di Intelligenza emozionale applicata alla Leadership in organizzazioni internazionali.
D: “Possiamo dire che Newgoziazione è una scuola di vita, il cammino verso il successo”. Monica, qual è la tua definizione di “successo”?
R: Direi che è una forma di pace interiore, di benessere personale. Il che non vuol dire che vivo nel mio eremo in cima alla collina. Successo, nei tempi attuali, osservando quello che sta succedendo nel mondo, deve essere una postura attiva di mediazione, facilitazione e appunto negoziazione. Tutto questo lo abbiamo sintetizzato in Newgoziazione.
D: Tu sviluppi da anni programmi di Leadership emozionale per imprese internazionali. Nel libro un’ampia parte è dedicata proprio alla conoscenza delle diverse sfumature emozionali, una sorta di tassonomia delle emozioni. Parlaci della loro importanza, o meglio, dell’importanza di saperle riconoscere, giusto?
R: Assolutamente! Questo soggetto è cruciale soprattutto per gli adulti di oggi, che in generale non hanno avuto nessun aiuto di consapevolezza. Ovvio che ci sono persone illuminate che da sole raggiungono la consapevolezza. Ma mi riferisco a programmi educativi che trasmettono ai bambini le competenze basiche di Intelligenza emozionale. Basta leggere i giornali e guardare come molti capi di stato governino per accorgersi che siamo in balia di bambini capricciosi, dispettosi e rancorosi. Un leader che si comporta nel modo descritto è completamente pernicioso per tutto il genere umano, porta a inutili sofferenze. Guerre civili, sociali e transnazionali.
D: Come si sposa la competizione, l’invito all’azione vincente, la progettualità razionale care al processo di Newgoziazione con attitudini – auspicabili in una cultura dominata da eccessi di “ansia da prestazione” – quali pace, compassione, pazienza, ascolto ricettivo, empatia?
R: Qui risiede la rivoluzionaria interpretazione di Newgoziazione. Non è necessario essere competitivi. Se fai un buon lavoro di Newgoziazione, allora vinci automaticamente e molto. Senza essere competitivo o scorretto.
D: Nel libro i consigli pratici sono messi a sostegno di una una visione di fondo che vorrebbe farsi promotrice di una nuova mentalità: quella di co-evoluzione o corresponsabilità. Dicci
qualcosa in più…
R: Esatto! Se il mondo scoppia, ne è affetto anche il commerciante del villaggio di montagna, la casalinga, il manager, la presidente di impresa. Per questo dobbiamo tutti svegliarci. E uso svegliarci anche in senso spirituale, come il simbolo sanscrito della OM evoca: uscire dal sonno dell’incoscienza, della non Consapevolezza. Dobbiamo svegliarci e svegliare gli altri. Altrimenti siamo tutti fritti, nel giro di qualche anno.
D: Mi dilungo un momento in un inciso, partendo da questo brano che estrapolo direttamente dal libro
“La fotografia del mondo di oggi è complessa e complicata. Le persone confondono lo scambiarsi foto con la creazione di vincolo e fiducia, non percepiscono che la solitudine cresce, con la fittizia pressione di fare o risparmiare denaro, essere più produttivi a lavoro, creando nuovi bisogni. Lo sguardo è freddo, ognuno resta giovane e bello, e così la gente diventa dipendente di piattaforme sociali e relazioni virtuali. Al suono del messaggio di WhatsApp il cervello produce una sostanza gratificante. E così la vita sociale sembra più gradevole, meno costosa per tempo e denaro, la gente si sente protetta e collegata da smartphone. Tuttavia è illusorio: la raccolta di amici come una collezione di francobolli non funziona. La sensazione principale della persona è più simbolica che reale, come essere popolare e potente – quando si dispone di più di un migliaio di amici su Facebook e non ci si rende conto della differenza tra quantità e qualità dei veri amici”
E’ questo un tema cruciale a cui anche io personalmente, nell’ambito della mia formazione universitaria, avevo prestato particolare attenzione già agli albori della nascita di Internet sviscerando il paradosso implicito nel fatto che una qualsiasi cosa, portata all’eccesso, muta nel suo contrario. Così – scrivevo nel libro “Comunità mediatiche, il sacro e il profano delle nuove tribù tecnologiche” edito da Bulzoni nel 2002 – :
“l’eccessiva presenza di strumenti per comunicare porta in realtà ad un vuoto che della comunicazione ne priva l’essenza: il contenuto. La smaterializzazione che la nuova tecnologia digitale ha causato nel campo della circolazione delle informazioni, e non solo quelle, si estende infatti anche al livello sociale offrendo (o infliggendo?) all’uomo una dimensione esistenziale in cui l’apparenza (l’estetica e la finzione) acquista, anzi riacquista (come nelle tradizionali società primitive, ma con una connotazione più negativa), un ruolo predominante“
A distanza di 15 anni, sembra che la stessa domanda sia ancora più urgente, viste le dimensioni assunte dal fenomeno della virtualità relazionale e si può ben dire che in questo libro si trovi più di una risposta a tale quesito vitale: come re-inventare il rapporto moderno nell’era dello scambio digitale.
Solo apparentemente dunque, il libro può sembrare un testo per soli “addetti ai lavori”, manager o donne e uomini in affari. Le considerazioni, le motivazioni, i consigli e gli strumenti offerti possono essere considerati alla stregua di un manuale utile a tutti e benefico per le nuove generazioni, in fondo quelle più “a rischio” in quanto già completamente immerse nelle nuove tecnologie e nell’onnipresenza del digitale nei loro scambi interpersonali.
D: Monica, tu a chi consiglieresti, in particolare, la lettura del vostro libro?
R: Abbiamo scritto il libro per un pubblico vasto, usando un linguaggio accessibile anche a chi non lavora nelle organizzazioni, perché in una certa misura, tutti facciamo parte di gruppi. Tutti possono beneficiare di queste riflessioni che, oltre a fornire pane per la mente, offrono anche tecniche pratiche e consigli che si possono utilizzare subito!
D: Domanda secca, risposta secca: perché vale la pena diventare un newgoziatore?
R: Per stare meglio, per essere più felice e per la responsabilità sociale che tutti noi abbiamo nei confronti dell’umanità.
D: Un’ultima domanda con sfumature volutamente provocatorie ma necessarie al fine di rompere molti pregiudizi legati al tema soldi e spiritualità. Quanto aiuta ragionare in termini di vantaggi o svantaggi nell’ottica – che può sembrare diametralmente opposta per chi percorre un cammino di ricerca interiore – di un dare incondizionato senza eccessiva preoccupazione dei risultati o benefici personali?
R: Cecilia, i soldi non danno la felicità, ma sono un mezzo. Non sono in contrasto con la spiritualità. Quello che contrasta con la spiritualità è l’attaccamento. E tutti i grandi Maestri concordano. Molte persone non capiscono la differenza. Pensano che i ricchi siano tutti cattivi. Invece ci sono anche poveri cattivi. Il benessere personale deve sempre essere complice del benessere sociale. Se la mia comunità sta male, c’è qualcosa che non torna. Nelle mie conferenze uso il test delle domande del quadrifoglio.
Bisogna rispondere onestamente a queste 4 domande. Quello che sto facendo mi fa bene? Se la risposta è sì allora posso continuare con la seconda domanda. Quello che sto facendo fa bene al mio vicino o collega o amico o familiare? Se la risposta è si, allora continuo con la terza domanda. Quello che sto facendo fa bene ala comunità dove sono inserito? Se la risposta è sì, allora continuo con la quarta domanda. Quello che sto facendo fa bene, oppure non ha impatto negativo, all’umanità in genere? Se la risposta di nuovo e finalmente è si, allora va bene, sto agendo in forma etica e spirituale. Se tra le risposte alle domande del quadrifoglio compare un no, allora devo rivedere e cambiare azioni. Vivere sulla Terra è solo una esperienza, ma quello che produciamo in termini di benessere psicosociale rimane per sempre.